mercoledì 23 dicembre 2020

Ma a Natale siamo tutti più buoni?

Talvolta, nel periodo natalizio, la mente del vostro Pukowski ritorna indietro a tanto tempo fa, in un capoluogo pugliese di regione lontano lontano, dove il nostro eroe era di stanza nell'Areonautica Militare e tornava alla caserma da casa della sua fidanzata di allora.

Vuoi per i postumi dell'incontro, vuoi  per l'aria natalizia che aleggiava come sempre nella settimana prima del Santo Natale, il nostro procedeva spedito, felice e baldanzoso per le strade della città. Il suo umore non era disturbato nemmeno dai soliti crocchi di raffinati signori che, agli angoli delle strade, tra un rutto e un altro si disputavano la birra al tocco, o dio solo sa in che modo. Questi personaggi dai modi urbani, spesso vestiti di tute in acetato e scarpe da ginnastica similMecap, con la casacca aperta fino all'ombelico per mettere in mostra un gigantesco medaglione in oro massiccio, si dedicavano a quella amena occupazione dopo avere smontato dalle loro occupazioni. Bisogna capirli: è frustrante tenere un banchetto di sigarette di contrabbando con la Finanza sempre in agguato o fare il parcheggiatore abusivo con il rischio di beccare qualcuno che non conosci e che, invece di darti il tuo giusto obolo, potrebbe decidere di ricoprirti di "mazzate", come in quelle contrade al protagonista della nostra "narrasione" (è una citazione di un illustre personaggio pugliese) era capitato di vedere. 

Insomma un uomo, dopo il proprio faticoso lavoro, deve trovare uno sfogo. 

Questi crocchi facevano parte del folklore locale e la massima parte dei cittadini, composta da onesti uomini e donne, non ci faceva più caso.

Ora, nei pressi di uno di questi gentili consessi si aggirava un tris di giovani della stessa età di Andrea G.. Uno di questi, al passare del vostro Pukowski, che portava a tracolla il borsone di ordinanza, sferrava un calcio allo stesso bagaglio con fare indifferente. Andrea, con fare altrettanto indifferente e con sprezzo del pericolo dovuto ai suoi venticinque anni (un trentennio fa, insomma!), rivolse un'esortazione di moto a luogo al calciatore e ai suoi antenati quasi fino ad Eva e Adamo, non senza avergli espresso un parere sui gusti sessuali della parte femminile della famiglia. Sì, lo so che è stato un comportamento in linea con i modi cortesi della persona tanto gentile con cui avevo avuto la ventura di interagire, e che era assai pericoloso. Vallo a dire alla genetica e al carattere poco conciliante di ex ragazzo di strada della Capitanata Nord! Peraltro le frasi di cui sopra furono espresse nel soave dialetto sincopato della zona pukowskiana Natale (natale?) con tutti gli eufonici suoni gutturali, mutuati dal retaggio ancestrale dei saraceni di Federico II. Naturalmente il messaggio fu recepito, nonostante la diversità della lingua madre dei viandanti. 

Per Pukowski la faccenda poteva chiudersi lì e, per evitare di avere ulteriori scambi di battute, proseguiva impettito con i suoi 78 Kg e i 185 cm di statura. Nessuno dei tre giovanotti in parola era di una stazza paragonabile a quella del nostro milite, il quale portava con sé un robusto ombrello di una volta (non quelli leggeri di adesso), chiuso accuratamente visto che già da un po' non pioveva più. 

Evidentemente tranquillizzati dal numero eccedente l'unità, i tre ragazzi si dirigevano con una certa fretta verso Andrea G. (sono sempre io - ogni tanto uso l'io pseudonimo).

Lo stesso volgendosi indietro, allertato dallo scalpiccio, vedeva la scena seguente. Il baldo calciatore di borsoni si dirigeva con una certa velocità verso di lui, seguito a qualche passo dai due sodali. Egli avrebbe voluto fermarsi e cercare di essere assertivo, ma aveva una certa fretta di rientrare in orario per il contrappello in caserma, così in un baleno dal cervelletto partì l'ordine (Pukowski nemmeno sotto tortura giurerebbe di essere stato coinvolto nella decisione) di animare il braccio destro, libero dall'ombrello, e con la mano opportunamente chiusa, di appropriata energia cinetica e dirigerlo verso il viso del calciatore, sorpreso dal subitaneo movimento. Si tenga a mente che se l'ordine parte dal settore primordiale del cervello (il cervelletto e l'epitalamo, se non ricordo male) il movimento è rapidissimo. Se poi carichi sapientemente il peso del corpo nel braccio, l'energia cinetica del colpo è notevole. Non c'è bisogno di essere Newton per capire che, se l'obbiettivo è in corsa, all'impatto sono dolori! 

Andrea G. ha solo un ricordo confuso di quei momenti concitati. Ricorda un bel volo all'indietro del prode pedatore. Rammenta un dolore alla parte sinistra del torace, forse dovuto a un calcio di un mancino portatosi prudentemente alle spalle del nostro milite, per colpire meglio con il suo piede preferito. Gli è che, però, il nostro eroe aveva alla mano sinistra il suo ombrello massiccio e, con il manico di legno di quello, con movimento fulmineo a semicerchio da destra a sinistra, colpiva al volto in rapida successione il prudente calciatore. Lo so che non è conforme al credo cristiano di porgere l'altra parte del costato, ma Pukowski è ateo da lunga data e nel frangente de quo non ritenne di andare troppo per il sottile. Chiunque di noi che avrebbe fatto? Mi sembra un caso di legittima difesa. In realtà un sottile disagio coglie Pukowski a questo punto. Il terzo dei tre forse non era un figlio di mulo calciatore come i due precedenti, visto che aveva tirato fuori due occhi sgranati e sollevato le mani a proteggersi dai colpi che prevedeva arrivare. Infatti il nostro si dirigeva verso il terzo aggressore con fare non proprio conciliante, siccome gli altri due si erano ridotti a più miti consigli e avevano preferito riparare velocemente verso uno dei crocchi di bevitori di birra. Insomma anche al terzo, momentaneamente bloccato dal panico, toccò un'ombrellata (o due?) dalla parte della canna, dato che il manico si era sfasciato. Lo dico a parziale discolpa del nostro blogger.

Anche il terzo però si scrollò presto e si volse alla fuga. Tutto questo, voi penserete, ci incastra poco con lo spirito natalizio. Aspettate di sentire il resto. Ritornato presto in sé il nostro milite ritenne prudente accelerare, anche se di poco, il passo, perché a un centinaio di metri c'era il gruppo di stanchi cittadini in espletamento del loro passatempo preferito, verso il quale si erano rifugiati i nostri pifferi di montagna che andarono per suonare e rimasero suonati.

La cosa buffa e perfino inaspettata è che con la coda dell'occhio il nostro blogger preferito si accorse di essere seguito con fare dissimulato da un gruppo consistente di individui che egli stimò tra i quindici e i venti. Ora non ci vuole una laurea in Matematica (che peraltro Andrea possiede) per fare due conti. Anche solo un'assai ottimistica previsione di due calci e due pugni a testa fa trenta-quaranta pugni e calci da assorbire. Abbastanza per ammazzarti di botte. Ma forse i tre coraggiosi magari volevano solo discutere in maniera assertiva con chi vi scrive e, non essendo forse troppo attrezzati in retorica, avevano deciso di portarsi gli amici più capaci, i quali dovevano avere la lingua sciolta dall'alcol. In fatto di favella nessuno batte un ubriaco con la sbronza allegra. È un fatto risaputo.

Ma uno dei  motti di Andrea G. Pukowski è che il pessimista va incontro solo a buone sorprese, sicché appena svoltato un angolo il nostro si dette a una fuga precipitosa con svicolamenti perpendicolari a ogni isolato, fortunatamente non troppo distanziati, tenendo la barra dritta verso la stazione. Dopo un bel po' di fuggire (notoriamente è molto diverso dal correre) notai un fenomeno pressoché unico. Un portone di un condominio lasciato aperto a quell'ora!. Mi ci catapultai dentro e mi ci chiusi, facendo per nascondermi nel sottoscala. Un tizio, forse quello che aveva lasciato aperto perché stava per uscire ed era stato impedito da una qualche forma di provvidenza che aiuta gli incoscienti, mi apostrofò urlandomi di uscire immediatamente o altrimenti avrebbe chiamato la polizia. Allora Andrea G. lo scongiurò di farlo perché, gli disse, era inseguito da una torma di papponi inferociti - dimenticavo di dirvi che spesso era uno dei mestieri esercitati dai signori dei crocchi dei bevitori di birra. L'effetto del discorso, se non fosse che Pukowski era terrorizzato, sarebbe stato di dirompente comicità. L'attempato signore della mia attuale età saltò su per i gradini, percorrendoli quattro a quattro, con una sfilza di improperi, bestemmie e imprecazioni nella meravigliosa lingua locale. Di solito sono abbastanza attento a queste portentose espressioni linguistiche, ma è facile intuire che non ci badai troppo. Con un certo sollievo, devo dire, percepii un abbastanza conciliante, data la situazione, -Se ne vada al più presto!- 

Meno male che c'era lo spirito natalizio in giro. Il mio più presto durò una mezz'ora. 

Uscii dal portone come un personaggio dei fumetti facendo capolino e guatando a destra e a sinistra. Con passo celerissimo mi diressi alla stazione. Ci arrivai tardissimo. Ero all'aereoporto militare di quella ridente città in cui mi sono anche laureato. Dovetti prendere un treno notturno, allora detto  locale, e ci arrivai a un'ora improba dopo essermi messo in attesa davanti al comando della PolFer. Il pessimista va incontro sempre a buone sorprese, ricordate!

Se pensate che i guai fossero finiti lì, vi devo deludere! Quando il Pukowski suonò al campanello del cancello, dopo una ventina di trilli gli venne a rispondere al citofono un incazzatissimo piantone sbattuto giù dal letto. Dopo un lungo questionare condito da parolacce in dialetto bitontino e della Capitanata del Nord, il piantone "de Vitaunt" (di Bitonto) mi aprì. Fummo costretti a svegliare il sottufficiale di giornata (di Palo del Colle) per evitare il mio mancato rientro da libera uscita. Le conseguenze non sarebbero state piacevoli. Il sergente maggiore, dopo avermi classificato in maniera qui irripetibile in termini non proprio lusinghieri e riferentesi alla materia di cui, a suo dire, ero costituito, nonché alle pratiche sessuali a cui, secondo lui, ero dedito, mi chiese spiegazioni.

Pukowski si sentì subito incoraggiato, perché il turpiloquio con cui era stato accolto, tradotto dal casermese, equivaleva quasi a un affettuoso saluto. Era assai simpatico in caserma. Quando avrà il tempo vi racconterà qualcosa dei suoi trecentossesantasei (366! Avviso: non è un fattoriale. Solo un punto esclamativo. Pure nell'anno bisestile il nostro eroe è incocciato) giorni di leva. Per tornare a bomba a noi, Pukowski mise insieme un racconto più o meno come il presente, causando lacrime agli occhi dal ridere sia al sottufficiale che al commilitone piantone. Andrea avrebbe voluto vedere loro al posto suo!

Affidandosi allo spirito natalizio incombente - siamo tutti più buoni, d'altra parte la "narrasione" lo confermava - e alle prove della colluttazione costituite dall'ombrello distrutto di cui Pukowski non si privò (il pessimista etc... Poteva servire ancora!) e dal generoso livido che adornava la parte sinistra del torace, il nostro riuscì a evitare il mancato rientro. Anzi, divertito dalla vicenda il valoroso sergente maggiore segnò la mia presenza al contrappello, evitandomi ogni tipo di guai.

Non c'è niente da fare: che bello è l'Avvento con il suo spirito natalizio!

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