Talvolta, nel periodo natalizio, la mente del vostro Pukowski ritorna
indietro a tanto tempo fa, in un capoluogo pugliese di regione lontano
lontano, dove il nostro eroe era di stanza nell'Areonautica Militare e
tornava alla caserma da casa della sua fidanzata di allora.
Vuoi
per i postumi dell'incontro, vuoi per l'aria natalizia che aleggiava
come sempre nella settimana prima del Santo Natale, il nostro procedeva spedito,
felice e baldanzoso per le strade della città. Il suo umore non era
disturbato nemmeno dai soliti crocchi di raffinati signori che, agli
angoli delle strade, tra un rutto e un altro si disputavano la birra al
tocco, o dio solo sa in che modo. Questi personaggi dai modi urbani,
spesso vestiti di tute in acetato e scarpe da ginnastica similMecap, con
la casacca aperta fino all'ombelico per mettere in mostra un gigantesco
medaglione in oro massiccio, si dedicavano a quella amena occupazione
dopo avere smontato dalle loro occupazioni. Bisogna capirli: è
frustrante tenere un banchetto di sigarette di contrabbando con la
Finanza sempre in agguato o fare il parcheggiatore abusivo con il
rischio di beccare qualcuno che non conosci e che, invece di darti il tuo
giusto obolo, potrebbe decidere di ricoprirti di "mazzate", come in
quelle contrade al protagonista della nostra "narrasione" (è una
citazione di un illustre personaggio pugliese) era capitato di vedere.
Insomma un uomo, dopo il proprio faticoso lavoro, deve trovare uno sfogo.
Questi crocchi facevano parte del folklore locale e la massima parte dei cittadini, composta da onesti uomini e donne, non ci faceva più caso.
Ora, nei pressi di
uno di questi gentili consessi si aggirava un tris di giovani della
stessa età di Andrea G.. Uno di questi, al passare del vostro Pukowski,
che portava a tracolla il borsone di ordinanza, sferrava un calcio allo
stesso bagaglio con fare indifferente. Andrea, con fare altrettanto
indifferente e con sprezzo del pericolo dovuto ai suoi venticinque anni
(un trentennio fa, insomma!), rivolse un'esortazione di moto a luogo al
calciatore e ai suoi antenati quasi fino ad Eva e Adamo, non senza avergli espresso un parere sui gusti sessuali della parte femminile
della famiglia. Sì, lo so che è stato un comportamento in linea con i
modi cortesi della persona tanto gentile con cui avevo avuto
la ventura di interagire, e che era assai pericoloso. Vallo a dire alla
genetica e al carattere poco conciliante di ex ragazzo di strada della
Capitanata Nord! Peraltro le frasi di cui sopra furono espresse nel soave dialetto sincopato della zona pukowskiana Natale (natale?) con tutti gli eufonici
suoni gutturali, mutuati dal retaggio ancestrale dei saraceni di
Federico II. Naturalmente il messaggio fu recepito, nonostante la
diversità della lingua madre dei viandanti.
Per Pukowski la
faccenda poteva chiudersi lì e, per evitare di avere ulteriori scambi di
battute, proseguiva impettito con i suoi 78 Kg e i 185 cm di statura.
Nessuno dei tre giovanotti in parola era di una stazza paragonabile a
quella del nostro milite, il quale portava con sé un robusto ombrello di
una volta (non quelli leggeri di adesso), chiuso accuratamente visto che
già da un po' non pioveva più.
Evidentemente tranquillizzati dal
numero eccedente l'unità, i tre ragazzi si dirigevano con una certa
fretta verso Andrea G. (sono sempre io - ogni tanto uso l'io
pseudonimo).
Lo stesso volgendosi indietro, allertato dallo
scalpiccio, vedeva la scena seguente. Il baldo calciatore di borsoni si
dirigeva con una certa velocità verso di lui, seguito a qualche passo dai
due sodali. Egli avrebbe voluto fermarsi e cercare di essere assertivo,
ma aveva una certa fretta di rientrare in orario per il contrappello in
caserma, così in un baleno dal cervelletto partì l'ordine (Pukowski
nemmeno sotto tortura giurerebbe di essere stato coinvolto nella
decisione) di animare il braccio destro, libero dall'ombrello, e con la
mano opportunamente chiusa, di appropriata energia cinetica e dirigerlo
verso il viso del calciatore, sorpreso dal subitaneo movimento. Si tenga
a mente che se l'ordine parte dal settore primordiale del cervello (il
cervelletto e l'epitalamo, se non ricordo male) il movimento è
rapidissimo. Se poi carichi sapientemente il peso del corpo nel braccio,
l'energia cinetica del colpo è notevole. Non c'è bisogno di essere
Newton per capire che, se l'obbiettivo è in corsa, all'impatto sono
dolori!
Andrea G. ha solo un ricordo confuso di quei momenti
concitati. Ricorda un bel volo all'indietro del prode pedatore. Rammenta
un dolore alla parte sinistra del torace, forse dovuto a un calcio di
un mancino portatosi prudentemente alle spalle del nostro milite, per
colpire meglio con il suo piede preferito. Gli è che, però, il nostro
eroe aveva alla mano sinistra il suo ombrello massiccio e, con il manico
di legno di quello, con movimento fulmineo a semicerchio da destra a
sinistra, colpiva al volto in rapida successione il prudente calciatore.
Lo so che non è conforme al credo cristiano di porgere l'altra parte
del costato, ma Pukowski è ateo da lunga data e nel frangente de quo non
ritenne di andare troppo per il sottile. Chiunque di noi che avrebbe
fatto? Mi sembra un caso di legittima difesa. In realtà un sottile
disagio coglie Pukowski a questo punto. Il terzo dei tre forse non era un figlio di mulo calciatore come i due precedenti, visto che
aveva tirato fuori due occhi sgranati e sollevato le mani a proteggersi
dai colpi che prevedeva arrivare. Infatti il nostro si dirigeva verso il
terzo aggressore con fare non proprio conciliante, siccome gli altri
due si erano ridotti a più miti consigli e avevano preferito riparare
velocemente verso uno dei crocchi di bevitori di birra. Insomma anche al
terzo, momentaneamente bloccato dal panico, toccò un'ombrellata (o
due?) dalla parte della canna, dato che il manico si era sfasciato. Lo
dico a parziale discolpa del nostro blogger.
Anche il terzo però
si scrollò presto e si volse alla fuga. Tutto questo, voi penserete, ci
incastra poco con lo spirito natalizio. Aspettate di sentire il resto.
Ritornato presto in sé il nostro milite ritenne prudente accelerare,
anche se di poco, il passo, perché a un centinaio di metri c'era il
gruppo di stanchi cittadini in espletamento del loro passatempo
preferito, verso il quale si erano rifugiati i nostri pifferi di
montagna che andarono per suonare e rimasero suonati.
La cosa
buffa e perfino inaspettata è che con la coda dell'occhio il nostro
blogger preferito si accorse di essere seguito con fare dissimulato da
un gruppo consistente di individui che egli stimò tra i quindici e i
venti. Ora non ci vuole una laurea in Matematica (che peraltro Andrea
possiede) per fare due conti. Anche solo un'assai ottimistica previsione
di due calci e due pugni a testa fa trenta-quaranta pugni e calci da
assorbire. Abbastanza per ammazzarti di botte. Ma forse i tre coraggiosi
magari volevano solo discutere in maniera assertiva con chi vi scrive
e, non essendo forse troppo attrezzati in retorica, avevano deciso di
portarsi gli amici più capaci, i quali dovevano avere la lingua sciolta
dall'alcol. In fatto di favella nessuno batte un ubriaco con la sbronza allegra. È un fatto risaputo.
Ma uno dei motti di Andrea G. Pukowski è che il
pessimista va incontro solo a buone sorprese, sicché appena svoltato un
angolo il nostro si dette a una fuga precipitosa con svicolamenti
perpendicolari a ogni isolato, fortunatamente non troppo distanziati, tenendo la barra dritta verso la stazione. Dopo un bel po' di fuggire (notoriamente è molto diverso dal correre) notai un fenomeno pressoché unico. Un portone di un condominio lasciato aperto a quell'ora!. Mi ci catapultai dentro e mi ci chiusi, facendo per nascondermi nel sottoscala. Un tizio, forse quello che aveva lasciato aperto perché stava per uscire ed era stato impedito da una qualche forma di provvidenza che aiuta gli incoscienti, mi apostrofò urlandomi di uscire immediatamente o altrimenti avrebbe chiamato la polizia. Allora Andrea G. lo scongiurò di farlo perché, gli disse, era inseguito da una torma di papponi inferociti - dimenticavo di dirvi che spesso era uno dei mestieri esercitati dai signori dei crocchi dei bevitori di birra. L'effetto del discorso, se non fosse che Pukowski era terrorizzato, sarebbe stato di dirompente comicità. L'attempato signore della mia attuale età saltò su per i gradini, percorrendoli quattro a quattro, con una sfilza di improperi, bestemmie e imprecazioni nella meravigliosa lingua locale. Di solito sono abbastanza attento a queste portentose espressioni linguistiche, ma è facile intuire che non ci badai troppo. Con un certo sollievo, devo dire, percepii un abbastanza conciliante, data la situazione, -Se ne vada al più presto!-
Meno male che c'era lo spirito natalizio in giro. Il mio più presto durò una mezz'ora.
Uscii dal portone come un personaggio dei fumetti facendo capolino e guatando a destra e a sinistra. Con passo celerissimo mi diressi alla stazione. Ci arrivai tardissimo. Ero all'aereoporto militare di quella ridente città in cui mi sono anche laureato. Dovetti prendere un treno notturno, allora detto locale, e ci arrivai a un'ora improba dopo essermi messo in attesa davanti al comando della PolFer. Il pessimista va incontro sempre a buone sorprese, ricordate!
Se pensate che i guai fossero finiti lì, vi devo deludere! Quando il Pukowski suonò al campanello del cancello, dopo una ventina di trilli gli venne a rispondere al citofono un incazzatissimo piantone sbattuto giù dal letto. Dopo un lungo questionare condito da parolacce in dialetto bitontino e della Capitanata del Nord, il piantone "de Vitaunt" (di Bitonto) mi aprì. Fummo costretti a svegliare il sottufficiale di giornata (di Palo del Colle) per evitare il mio mancato rientro da libera uscita. Le conseguenze non sarebbero state piacevoli. Il sergente maggiore, dopo avermi classificato in maniera qui irripetibile in termini non proprio lusinghieri e riferentesi alla materia di cui, a suo dire, ero costituito, nonché alle pratiche sessuali a cui, secondo lui, ero dedito, mi chiese spiegazioni.
Pukowski si sentì subito incoraggiato, perché il turpiloquio con cui era stato accolto, tradotto dal casermese, equivaleva quasi a un affettuoso saluto. Era assai simpatico in caserma. Quando avrà il tempo vi racconterà qualcosa dei suoi trecentossesantasei (366! Avviso: non è un fattoriale. Solo un punto esclamativo. Pure nell'anno bisestile il nostro eroe è incocciato) giorni di leva. Per tornare a bomba a noi, Pukowski mise insieme un racconto più o meno come il presente, causando lacrime agli occhi dal ridere sia al sottufficiale che al commilitone piantone. Andrea avrebbe voluto vedere loro al posto suo!
Affidandosi allo spirito natalizio incombente - siamo tutti più buoni, d'altra parte la "narrasione" lo confermava - e alle prove della colluttazione costituite dall'ombrello distrutto di cui Pukowski non si privò (il pessimista etc... Poteva servire ancora!) e dal generoso livido che adornava la parte sinistra del torace, il nostro riuscì a evitare il mancato rientro. Anzi, divertito dalla vicenda il valoroso sergente maggiore segnò la mia presenza al contrappello, evitandomi ogni tipo di guai.
Non c'è niente da fare: che bello è l'Avvento con il suo spirito natalizio!