domenica 18 agosto 2019

Addio Gimondi


"La vita è molto di più che una corsa in bicicletta"

Ivan Gotti, in una intervista in cui gli chiedevano che cosa avrebbe detto a Marco Pantani se avesse potuto parlargli a tanti anni di distanza dalla sua morte


Pochi sanno che il vostro Pukowski è andato in bici a livello amatoriale negli anni della sua giovinezza. Filava come un treno sulle salite e giù in discesa. Egli conosce il dolore delle salite cattive in cui si sente delle coltellate all'interno delle cosce e si corre come disperati per "accorciare l'agonia", volendo usare le parole del Pirata (ahi, come ci manchi!). 

Insomma il ciclismo entusiasma perché metafora della vita: tanta fatica e pochi traguardi raggiunti o tagliati da vincitore. Ecco perché adoro tutti i ciclisti. Apprezzo la loro fatica e abnegazione, la passione. 

Da tempo volevo scrivere un post che esaltasse le imprese di Vincenzo Nibali. È facile vincere quando sei una specie di superman: forte a cronometro, in volata, in salita, sul passo e capace di vincere in fuga. Parafrasando Thomas Alva Edison il ciclismo è per l'1% creatività e il 99% sudore. E allora evviva lo Squalo che moltiplica la percentuale di creatività, perché lui ha solo la sua resistenza, la tenacia, l'incrollabile carattere e la fantasia. È costretto ad arrivare da solo perché è fermo in volata, come si dice nel gergo. Significa che non ha scatto e con dei compagni di fuga non ha speranza di vittoria. La stessa mancanza di scatto talvolta lo penalizza in salita. Se vuole vincere deve demolire e staccare tutti con resistenza e carattere. Spesso commentatori (italiani) poco accorti ne misconoscono la grandezza, ma è un vizio esclusivo della maggior parte dei colleghi del Belpaese. Non basta solo vincere. Bisogna stracciare gli avversari, senza mai riconoscerne del tutto il valore.

Invece eccomi qui a celebrare un superman della bici.
Ciao Felice, eroe della mia fanciullezza.
Lui era precisamente uno di quelli capaci di vincere su tutti i terreni e in tutte le condizioni. Eppure, pur avendo vinto più di cento corse,  fu soprannominato, da certa stampa approssimativa (italiana), l'eterno secondo perché spesso veniva battuto da Merckx "il Cannibale", il quale ha vinto il doppio delle corse di Gimondi.
Qualche buontempone spesso si chiede come sarebbe stata la carriera di Felice Gimondi, se non avesse incontrato il Belga. Taluni si spingono ad affermare che sarebbe stato migliore di Coppi. Siccome al vostro Pukowski piace pensare al contrario, egli spesso si chiede quante corse avrebbe vinto il Cannibale se non ci fosse stato Felice... Eddy è la misura di Felice, ma senza Felice Eddy non sarebbe stato il grandissimo che è. 
Pukowski immagina quanti avrebbero detto che il Cannibale non avesse avuto avversari (tranquilli, non sono un illetterato e rammento Ocaña e De La Fuente, ma niente a che vedere con il nostro Gimondi).
Felice, nel volgere di un paio di anni, si accorse subito, e non ebbe mai remore nel dichiarare, che Eddy era il più forte, ma non per questo si dette mai per vinto. Sicché con la forza del carattere e l'indomita volontà, molto spesso, per vincere, dovette staccare e demolire il mito del ciclismo di tutti i tempi.
Addio Felice Gimondi, sarai per sempre nei cuori di tutti gli appassionati e possa per sempre tu correre felice nelle strade, nei circuiti e sulle piste celesti e che la fatica, per una volta, non ti sia insopportabile, ma piacevole come il vento in faccia di una discesa corsa in scioltezza.
Sappiamo tutti che giammai più ti staccherai.

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Viviamo tempi sbandati. La bussola gira all'impazzata: nessuna direzione segnata è sicura. Per molti una disgrazia, per...