Forse perché seduto
sul water a sottolineare una paginetta di commento alla Critica
della ragion pratica di Kant, il
mio animo, solitamente poco incline alle fini speculazioni
filosofiche, si è levato a considerare domande insolitamente
profonde.
Tradendo
me stesso e il pensiero shakerato, mi sono, dal passo che andavo
leggendo, sentito stimolato alla ricerca di quel che accomuna il
genere umano intero.
Mi
son detto che dovevo andare alla ricerca di un atto, una materia che
superasse la barriera tra il potente - nelle tre declinazioni del
papa, del re e di chi non ha niente - e l'uomo comune o l'universo
intero dei senzienti.
Data
la varietà dei soggetti/del soggetto coinvolti/o ho ritenuto di
cercare
qualcosa di unico che producesse una gamma intera di sensazioni. Ho
pensato, arrischiandomi sempre più nell'acrobatico e pericoloso
esercizio, che dovesse essere qualcosa che producesse in alcuni
sollazzo, in altri imbarazzo. A chi procurasse
piacere, ad altri dolore. Per qualcuno poteva essere un fastidio da
evadere in fretta, per un altro qualcosa da centellinare con la
giusta calma.
E
così mentre il pensier mio andava annegandosi nell'immensità del
cielo stellato sopra di me, cercando nell'iperuranio delle idee
quello che potesse fare al caso mio, ho
ricordato Talete che col naso
all'insù cadde nella buca, causando l'ilarità della servetta. E mi
è venuto in mente la presente situazione e l'olfatto di lei. In un
lampo di consapevolezza ho capito, superando l'insegnamento kantiano,
che per trovare la risposta dovevo indagare non in me, ma guardare a
quello che era sotto di me (certo,
a debita distanza). In
un
impeto di consapevolezza,
gridando Eureka e
ricomponendomi appena un poco, mi sono precipitato alla tastiera.
Quello
che unisce l'essere umano, anzi forse l'universo intero dei
senzienti,
è la merda.
La
merda, miei cari shakerati, è una livella.
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