La controra è il regno
del sole. Qualcuno in maniera riduttiva ritiene che essa rappresenti
le ore più calde delle giornate estive nel Mezzogiorno d'Italia. In
realtà la controra è un mito senza spazio né tempo.
Per parecchi di quelli
della mia età attiene spesso a un divieto. Ragazzini in vacanza da
impegni scolastici, eravamo desiderosi di giocare per le strade
polverose, assolate dal calore bianco di un sole implacabile, quasi a
perpendicolo. Era per noi l'ora più propizia, per noi picareschi
guaglioni, padroni unici e ultimi della strada in cui siamo
cresciuti. Eppure tanto spesso ci veniva opposto un rifiuto alla
richiesta di uscire, giocare e godere. “È controra” - ci veniva
detto. Questa frase assumeva dunque la perentorietà
dell'ineluttabile destino alla sospensione di ogni attività in
quelle ore dalla temperatura impossibile. Era pronunciata da tutti
gli adulti con toni che non ammettevano repliche, al punto che i più
fantasiosi di noi immaginavano un mostro che si aggirava per le
strade di controra a mangiare i bambini.
In realtà non c'era niente
di mostruoso. Si sa che i bambini sono curiosi e, parecchi di noi, a
onta di ogni ancestrale timore o abitudine, letteralmente scappavano
di casa e assistevano alla gloria dispiegata del dio sole. La luce
accecante donava un nuovo contorno alle cose e alle case. Lo
spettacolo della vegetazione in rigoglio, illuminata in ogni minimo
particolare, dava effetti tridimensionali e profondità
stereoscopiche da videorama 3D a ogni paesaggio.
Fu in chissà quale
controra, appoggiato di schiena a non so quale muro scalcinato e
arroventato, la rivelazione che ogni pensiero, buono o cattivo,
scompare con la faccia al sole in un bianco accecante, secca e va
via, lasciandoti come un minerale fuso con il resto del mondo, inerte
come una pietra, felice e inconsapevole come un oggetto ai primordi
dell'universo.
A ripensarci non riesco a capire come mi possa essere
alzato di lì. Se c'è mai stato un momento in cui mi sono sentito in
sintonia con l'universo fu in quegli istanti di arrendevole abbandono
all'ordine delle cose, di cui la memoria dilata la durata. Talvolta
avverto il rammarico di non essermi fuso nella calce bianca
rattoppata della parete, gonfia di umidità, quale metafora delle
nostre vite rappezzate e raccogliticce... Andò via presto anche il
bianco della calce raccattata dalla maglietta.
Ma la controra non fu
solo un'esperienza panica. Alla controra è legato il sudore e la
felicità. Le interminabili partite di calcio, masochistiche
esperienze in cui con la mia squadra credo di non essere mai riuscito
a vincere. In compenso ho cementato amicizie durate qualche decennio,
la qual cosa, in tempi instabili e imprevedibili come i nostri, è
molto di più di quanto si possa aspettarci. La vita, la fortuna
avversa o propizia, a seconda dei casi, ha provveduto a dividerci.
Resta un luogo della memoria: le mete.
Chiamavamo così, mutuando da un termine dialettale che designa i
cumuli di sabbia giallastra sbiadita da costruzione, il posto
spianato in cui costruivano dei condomini, caratterizzato da mucchi
di sabbia usata dai cantieri. Il posto stesso era di un colore
giallastro sbiadito, accentuato dalla luce spietata del sole. Era
facile per noi inventare un campo di calcio; recuperavamo mattoni da
qualche cantiere e con questi improvvisavamo dei simulacri di pali di
porta. Facevamo a meno della traversa e spesso si misuravano a occhio
i gol. Strano a dirsi non ricordo di troppe discussioni. Le partite
erano improntate a un senso di lealtà che in realtà nessuno di noi
ragazzini sciamanti e felici ha poi mai riscontrato in seguito, meno
che meno nelle gare dei nostri nazionali pedatori.
Ma
la controra riporta anche a fiumi di alcol e birra a diluvio di
felici ubriaconi, che si disputavano all'ombra degli alberi della
pineta, che allora era un boschetto, il gelido nettare giallo, che
consolava dalla calura e placava l'arsura e gli affanni, durante
epiche passatelle. Era
uno spettacolo assistere ai lazzi e ai mottetti, ai corrosivi adagi
sarcastici di questi uomini, per lo più con pancioni a forma di
mappamondo, capaci di bere ettolitri di birra. Il dio Bacco,
evidentemente riconoscente di tanta adorazione, è stato con loro
benevolo. Parecchi di loro sono ancora in vita in tarda età, felici
e beati. Qualcuno immagina che possano seppellire ancora molta altra
gente.
La
controra, insomma, è stata una palestra di vita. E di controra ci
voglio morire. Che mi lascino vecchio appassire al sole della
controra, come una foglia seccare, sgretolarmi e disperdermi al
vento, contento, alla luce e alle vampe del
sole d'estate.