"La
vita è molto di più che una corsa in bicicletta"
Ivan
Gotti, in una intervista in cui gli chiedevano che cosa avrebbe detto
a Marco Pantani se avesse potuto parlargli a tanti anni di distanza
dalla sua morte
Pochi
sanno che il vostro Pukowski è andato in bici a livello amatoriale
negli anni della sua giovinezza. Filava come un treno sulle salite e
giù in discesa. Egli conosce il dolore delle salite cattive in cui
si sente delle coltellate all'interno delle cosce e si corre come
disperati per "accorciare l'agonia", volendo usare le
parole del Pirata (ahi, come ci manchi!).
Insomma
il ciclismo entusiasma perché metafora della vita: tanta fatica e
pochi traguardi raggiunti o tagliati da vincitore. Ecco perché adoro
tutti i ciclisti. Apprezzo la loro fatica e abnegazione, la passione.
Da
tempo volevo scrivere un post che esaltasse le imprese di Vincenzo
Nibali. È facile vincere quando sei una specie di superman: forte a
cronometro, in volata, in salita, sul passo e capace di vincere in
fuga. Parafrasando Thomas Alva Edison il ciclismo è per l'1%
creatività e il 99% sudore. E allora evviva lo Squalo che moltiplica
la percentuale di creatività, perché lui ha solo la sua resistenza,
la tenacia, l'incrollabile carattere e la fantasia. È costretto ad
arrivare da solo perché è fermo in volata, come si dice nel
gergo. Significa che non ha scatto e con dei compagni di fuga non ha
speranza di vittoria. La stessa mancanza di scatto talvolta lo
penalizza in salita. Se vuole vincere deve demolire e staccare tutti con
resistenza e carattere. Spesso commentatori (italiani) poco accorti
ne misconoscono la grandezza, ma è un vizio esclusivo della maggior
parte dei colleghi del Belpaese. Non basta solo vincere. Bisogna
stracciare gli avversari, senza mai riconoscerne del tutto il valore.
Invece eccomi qui a celebrare un superman della bici.
Ciao Felice,
eroe della mia fanciullezza.
Lui
era precisamente uno di quelli capaci di vincere su tutti i terreni e
in tutte le condizioni. Eppure, pur avendo vinto più di cento corse,
fu soprannominato, da certa stampa approssimativa (italiana), l'eterno
secondo perché spesso veniva battuto da Merckx "il Cannibale",
il quale ha vinto il doppio delle corse di Gimondi.
Qualche
buontempone spesso si chiede come sarebbe stata la carriera di Felice
Gimondi, se non avesse incontrato il Belga. Taluni si spingono ad
affermare che sarebbe stato migliore di Coppi. Siccome al vostro Pukowski piace pensare al contrario, egli spesso si chiede quante
corse avrebbe vinto il Cannibale se non ci fosse stato Felice... Eddy
è la misura di Felice, ma senza Felice Eddy non sarebbe stato il
grandissimo che è.
Pukowski immagina quanti avrebbero detto che il
Cannibale non avesse avuto avversari (tranquilli, non sono un
illetterato e rammento Ocaña e De La Fuente, ma niente a che vedere
con il nostro Gimondi).
Felice,
nel volgere di un paio di anni, si accorse subito, e non ebbe mai
remore nel dichiarare, che Eddy era il più forte, ma non per questo
si dette mai per vinto. Sicché con la forza del carattere e
l'indomita volontà, molto spesso, per vincere, dovette staccare e demolire il
mito del ciclismo di tutti i tempi.
Addio
Felice Gimondi, sarai per sempre nei cuori di tutti gli appassionati
e possa per sempre tu correre felice nelle strade, nei circuiti
e sulle piste celesti e che la fatica, per una volta, non ti sia insopportabile, ma
piacevole come il vento in faccia di una discesa corsa in scioltezza.
Sappiamo
tutti che giammai più ti staccherai.
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